Pensioni tagliate, oltre tremila ricorsi in consulta. Coinvolti medici dipendenti
Nuovo articolo su Doctor 33 (rivista specializzata per il settore medico), a cura di Mauro Miserendino, che racconta del nostro impegno e riporta nuove informazioni in materia di rivalutazione pensioni.
18 Febbraio 2016 – Pensioni tagliate, oltre tremila ricorsi in consulta. Coinvolti medici dipendenti
Non solo borse di studio, contributi non corrisposti agli ex specializzandi, e orari di lavoro non rispettati: ad agitare lo spettro (per lo Stato) di sborsare altri miliardi a seguito di norme errate, si mette anche la questione dell’inflazione non percepita dai pensionati a reddito medio-alto tra 2012 e 2013.
Oltre 3 mila, anche medici dipendenti pubblici contribuenti Inps-Inpdap e privati contribuenti Inps, hanno fatto fin qui ricorso. E ora, dopo l’ordinanza dei giudici di Palermo del 26 gennaio, su ricorso patrocinato da Cida, arriva quella del Tribunale di Brescia che porta il caso di un bancario, sollecitando una sentenza di accoglimento alla Corte Costituzionale, che s’era già pronunciata sul punto.
La legge salvaitalia 2011 (governo Monti) ha stoppato la rivalutazione annuale delle pensioni per i redditi superiori a tre volte il minimo Inps. Tra il 2012 e il 2013, 4,5 milioni di italiani, ex dipendenti pubblici e privati, hanno percepito un assegno pensionistico -di norma Inps – menomato dal mancato scatto relativo al “carovita”.
Dopo prevedibili ricorsi, è intervenuta la Corte Costituzionale che con sentenza 70/2015 ha dichiarato la legge illegittima. Motivo: i miliardi per la sostenibilità dello Stato non si possono recuperare facendo cassa sui soli pensionati.
Si è arrivati così al decreto 65/15 del governo Renzi che ha reintrodotto l’indicizzazione, ma adottando una gradualità. Chi percepisce un assegno pensionistico che va da 3 a 4 volte il minimo Inps – cioè da circa 1200 euro netti in su – ha ottenuto solo il 60% del tasso d’inflazione programmato, chi prende da 4 a 5 volte ha ottenuto il 20, tra 5 e 6 volte ha preso il 10% e oltre 6 volte il minimo Inps (cioè da 2900 euro lordi al mese) non ha avuto alcun adeguamento.
Ad agosto 2015 i pensionati hanno ricevuto gli arretrati. Il bancario di Brescia, nella fattispecie, non ha ricevuto nulla e ha fatto ricorso argomentando che la sentenza della Consulta fosse stata disattesa. Il giudice bresciano rammenta che, per le modalità con cui opera il meccanismo della perequazione, “ogni eventuale perdita del potere di acquisto del trattamento, anche se limitata a periodi brevi, è, per sua natura, definitiva; le successive rivalutazioni saranno, infatti, calcolate non sul valore reale originario, bensì sull’ultimo importo nominale, che dal mancato adeguamento è già stato intaccato“.
Il decreto correttivo ha riproposto il blocco della rivalutazione per il 2012- 13 già dichiarato incostituzionale, “semplicemente alzando la soglia e, nel caso concreto, facendo venir meno per il ricorrente il diritto appena riconosciuto dalla Corte Costituzionale“. Quest’ultima da anni evidenzia che la Costituzione è violata ‘non solo ove espressamente si disponesse che una norma dichiarata illegittima conservi la sua efficacia‘, ma anche ove una legge, per il modo con cui provvede a regolare le fattispecie verificatesi prima della sua entrata in vigore, perseguisse e raggiungesse, anche se indirettamente, lo stesso risultato”.
Gli avvocati avvertono che in caso di sentenza favorevole della Consulta chi non ha fatto ricorso se arriva un’altra legge come il decreto 65 recupererà altre briciole, mentre per chi ha fatto ricorso il diritto al pieno recupero dell’inflazione sarà ristabilito.
Sul sito www.rimborsopensioni.it gestito da un pool di avvocati fiorentini, oltre a ricordare che il secondo treno di ricorsi scade il 15 marzo, si rammenta che la sola raccomandata all’Inps serve solo per interrompere eventuali termini di prescrizione (il cittadino leso nei propri diritti da quando la invia ha 5 anni per far valere il proprio diritto ndr).
“Fare ricorso vuol dire invece depositare tramite un avvocato un atto giudiziario, il ricorso appunto, davanti ad un Tribunale o alla Corte dei Conti, denunciando l’illegittimità del decreto Renzi e chiedendo che sia affermato il proprio diritto ad ottenere la piena rivalutazione monetaria del proprio trattamento pensionistico, solo il deposito del ricorso può garantire, in caso di accoglimento della domanda, l’effettivo riconoscimento del diritto“.
Mauro Miserendino
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