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Legittimo il blocco della rivalutazione delle pensioni ed illegittimo il contributo di soldidarieta’ per la durata quinquennale: pubblicata la sentenza della corte costituzionale

Pubblichiamo il Comunicato stampa della Corte Costituzionale e la sentenza n. 234/2020 del 09.11.2020 in merito alla questione del blocco perequativo e del contributo di solidarietà delle pensioni di importo più elevato

10/11/2020

Pubblichiamo il Comunicato stampa della Corte Costituzionale e la sentenza n. 234/2020 del 09.11.2020 in merito alla questione del blocco perequativo e del contributo di solidarietà delle pensioni di importo più elevato.

La Corte Costituzionale ha, come preannunciato, esaminato le questioni di legittimità sollevate dal Tribunale di Milano, Sezione Lavoro, e dalle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti per il Friuli Venezia Giulia, il Lazio, la Sardegna e la Toscana, in relazione alla limitazione della rivalutazione automatica per il triennio 2019-2021 delle pensioni più elevate ed alla decurtazione percentuale per cinque anni delle pensioni superiori a 100.000 euro lordi annui.

Per la Corte il c.d. “raffreddamento” della rivalutazione automatica delle pensioni non viola i principi di ragionevolezza, proporzionalità ed adeguatezza in quanto la disposizione censurata assicura, si legge in sentenza, “una quota perequativa – ridotta e tuttavia non meramente simbolica – anche in favore dei trattamenti di più elevato importo, come tali capaci di maggiore resistenza all’erosione inflattiva”. Aggiunge la citata sentenza che “in linea generale, ogni misura di blocco o limitazione della rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici «non può che essere scrutinata nella sua singolarità e in relazione al quadro storico in cui si inserisce»” ed infine che “pertanto, tenuto anche conto che nel periodo considerato l’inflazione è stata marginale e che le previsioni indicano addirittura una situazione di tipo deflazionistico, può escludersi che la manovra di raffreddamento di cui all’art. 1, comma 260, della legge n. 145 del 2018 abbia violato i principi di ragionevolezza, proporzionalità e adeguatezza, nonostante l’effetto di “trascinamento” che essa può generare e l’esistenza di anteriori interventi sull’indicizzazione degli assegni”.

Viola, al contrario, i principi di ragionevolezza e proporzionalità la dimensione temporale del prelievo del contributo di solidarietà essendo quest’ultima prevista per un quinquennio”, invece che per un triennio.

Per questi motivi la Corte Costituzionale ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 261, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), nella parte in cui stabilisce la riduzione dei trattamenti pensionistici ivi indicati «per la durata di cinque anni», anziché «per la durata di tre anni»” e non fondate le questioni del “raffreddamento” triennale della  rivalutazione automatica.

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